venerdì 1 agosto 2014

VENERDI' DEL LIBRO 1° AGOSTO CON IL GIOVANE HOLDEN


PER I VENERDI' DEL LIBRO  



 
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NEL MESE DI MAGGIO, NOVITA' IN LIBRERIA...UNA NUOVA TRADUZIONE  DE Il giovane Holden

Non me la sono lasciata scappare questa  nuova traduzione del libro più famoso e iconico di J.D. Salinger, un libro il cui linguaggio – a partire da titolo – è sempre stato peculiare e difficile da trasformare. Se ne è  parlato   con il nuovo traduttore, Matteo Colombo.

Così:" Il fiato di Salinger sul collo, quello della traduzione di Adriana Motti, a tratti ottima ma anche ingombrante, dopo tutti questi anni da cui sono passati milioni di lettori. Quindi è iniziato il controllo riga per riga, con accanto la sua e le versioni nelle altre lingue che uso per lavoro, francese e spagnolo, più un’altra traduzione pirata anteriore a quella di Motti. Sapevo di dover operare una scelta su ogni singola virgola, e volevo poter essere in grado in futuro di spiegare tutte le decisioni prese. Non tutto della traduzione precedente andava buttato: molte cose le ho tenute, altre sono cambiate perché semplicemente erano invecchiate"

Il 16 luglio 1951 uscì negli Stati Uniti Il giovane Holden, leggendario e straordinario romanzo di J.D. Salinger che in Italia uscì nel 1952 con il titolo Vita da uomo per l’editore Casini, ma divenne notor soprattutto a partire da dieci anni dopo, quando fu pubblicato da Einaudi. 
A tradurlo fu Adriana Motti:"Fa parte del nostro ieri il Giovane Holden di G.D.Salinger, un libro che è tutto il suo linguaggio, e che negli Anni 60 doveva fare i conti con la censura delle volgarità. "

«Perché non ha più senso tradurre goddam con “dannazione” - spiega Colombo -. Holden ha un linguaggio povero, ristretto. Da quindicenne di forti opinioni condanna con disprezzo persone e situazioni che ritiene false. Usa la lingua in modo difensivo. È pieno di contraddizioni. Questo non risultava in tutta la sua pienezza». 

 Propongo tre riflessioni basate su tre aspetti del racconto di Holden.

Le anatre del Central Park.

Sembra una pazzia, e anche il protagonista lo ammette, ma continuamente la narrazione ritorna sulle anitre del Central Park e sulla loro destinazione durante i freddi inverni newyorkesi. A più riprese Holden domanda e si domanda che fine facciano le anitre del laghetto quando d'inverno è ghiacciato. Domanda paradossale per un personaggio che dichiara, a un certo punto, di sapere che i volatili emigrano nei periodi freddi. Una domanda semplice, che però a guardarla bene ritorna, magari con forme diverse, nelle nostre vite di tutti i giorni.
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Il museo di storia naturale.

Tutti lo abbiamo frequentato; e Holden, come ogni bambino che è stato portato in gita al museo, racconta le sue impressioni. Ne racconta in particolare una, banale. Salinger, per bocca di Holden, ci ricorda che andando al museo troviamo sempre le stesse cose nella stessa collocazione; siamo noi a cambiare. E questo, in prospettiva del tutto antropologica, è una verità imprescindibile

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 La vecchia Phoebe.

Tra i diversi personaggi che occupano la scena del racconto di Holden dopo suo fratello morto prematuramente, c'è sicuramente la sua sorellina Phoebe. Una bambina che spinge Holden a spiegare il senso del titolo The catcher in the rye. È forse questa la vetta del racconto, quando Holden è di fronte a sua sorella che giustamente viene definita saggia.
Applicare un racconto alla propria vita, leggere un libro e considerarlo come una finestra alla quale affacciarsi per sentire spiegare o interpretare meglio quello che a noi succede, spinge a vedere l'intervento di Phoebe come essenziale, anche per noi lettori. Dove si va a cogliere il senso delle cose, o a rilevare una visione pura e semplice di un'esistenza sempre più complicata? Credo che il colloquio di Holden con la sorellina ne indichi la strada maestra. 
 
 
 Leggere Il giovane Holden è un'esperienza, l'occasione per porre l'attenzione su un universo di valori che il protagonista stesso denuncia e che l'Autore, con semplicità, descrive ed accenna. E credo che sia in questi elementi il significato di un successo così ampio nella letteratura contemporanea.
 
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mercoledì 30 luglio 2014

Porta un libro con te @ 6, a cent’anni dall’attentato di Sarajevo


A chi segue questo Blog e questa Rubrica, voglio  ricordare i cent’anni dell’attentato di Sarajevo, che portò  alla  Grande Guerra e  METTO NELLA LISTA  alcuni  romanzi con cui rammentare  questa importante ricorrenza e le sue terribili conseguenze.


Cent’anni fa alcuni colpi di rivoltella sconvolsero il mondo. L’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria-Ungheria, avvenuto il 28 giugno 1914, aprì  la strada alla  “crisi di luglio”, destinata a concludersi con la folle decisione austriaca di dichiarare guerra alla Serbia.

Un rude inverno -  Raymond Queneau - traduzione dal francese di Paola Gallo, prefazione di Stefano Bartezzaghi, Einaudi, 2009

 La Grande Guerra secondo Raymond Queneau

Il libretto l'ho ritrovato  nel sistemare dei libri fra le   LETTURE SCELTE PER LE VACANZE DI NATALE dei Proff del Liceo che hanno frequentato i miei figli. 
A suo tempo l' autore l'ho molto apprezzato per i suoi esercizi di stile ma questo è Quenau  anteguerra. Il breve romanzo intriso di arie di guerra, scritto nel 1939 racconta fatti del 1916 quando la guerra riempiva di sé anche la vita della sonnacchiosa Le Havre – il protagonista riscopre la vita e le donne dopo anni di vedovanza
 Le Havre, 1916, in piena prima guerra mondiale. Un burbero militare ferito al fronte, devastato dal  lutto lontano e dall'idiozia dei suoi contemporanei, coltiva l'odio come una pianta rara. Perché il tempo ricominci a scorrere dovrà attraversare la rude evidenza della solitudine, la confusione del desiderio, la meraviglia dell'amore. Sembra che nella vita degli uomini «da un certo momento in poi, non smetta più di nevicare». Ma la vita, forse, è più forte di qualsiasi inverno, reale e metaforico. 

Un romanzo caratterizzato da uno straordinario  umorismo, secondo me da troppi anni inspiegabilmente dimenticato.
La provincia francese dà spunti per le riflessioni dell'autore sui rapporti umani, sul conformismo e sui rapporti tra le nostre vite quotidiane e i grandi eventi della storia
La sua memoria era lastricata di lapidi come quella di un romantico, ma lui, da funzionario coscienzioso, estirpava con cura le erbacce lungo i viali e coltivava con ardore le poche aiuole in fiore che malgrado i tanti inverni non erano punto appassite. Così meditava dunque; sognava dunque; rimuginava dunque.”


http://www.biblioiconoteca.it/public/Upload/pics/L90800636.jpgIL CLASSICO  Addio alle armi – di  Ernest Hemingway (Mondadori) l'ho letto molto tempo fa e mi ha colpito per il fatto che Hemingway si ispirò per la trama di questo romanzo, ormai divenuto un classico, alla sua esperienza in qualità di paramedico presso il fronte italiano nel 1917. Conducente di autoambulanze militari, il giovane Frederic è costretto a rivedere le sue posizioni sull’eroismo della guerra quando si trova ad avere a che fare con centinaia di moribondi e di feriti, spesso orribilmente mutilati.
 Stile terso, asciutto, teso a una rappresentazione picaresca ed epica, a grandi tratti pervaso da una pietà religiosa, giudice e testimone, suo malgrado, di una tormentata e contraddittoria epoca. Soprattutto, modello di una perfetta identificazione tra Arte e Vita, tra scrittura e vicende
 Guerra, amore e morte. Tappa fondamentale per lo sviluppo di quel filone letterario a sfondo bellico, grazie alle indimenticabili pagine che narrano la battaglia di Caporetto, e all’acutezza con la quale vengono trattati i conflitti emotivi ed ideologici tra i soldati durante la guerra, Addio alle armi è il romanzo di un amore che, quasi stoicamente, si rassegna alla crudeltà del destino. Al contempo, il ritratto di un’epoca e delle sue  contraddizioni, e di quanto diventi misera la vita se violentata da un’arbitraria violenza, senza alcun senso che possa legittimarla.


Niente di nuovo sul fronte occidentaleTitolo originale: IM WESTEN NICHTS NEUES
traduzione di Stefano Jacini -Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1931
Collana: I romanzi della guerra

Celeberrimo romanzo antimilitarista e autobiografico dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque. Si narrano le vicende di Paolo Bäumer (nome rigorosamente italianizzato come voleva la moda dell'epoca - da notare che il nome Paolo rimane anche nel doppiaggio dell'altrettanto famosa trasposizione cinematografica di Lewis Milestone), giovane studente convinto dalla propaganda e dal suo professore di liceo (Kantorek), ad arruolarsi volontario, insieme ai suoi compagni. Questo libro non vuol essere né un atto d'accusa né una confessione. Esso è  il tentativo di raffigurare una generazione la quale - anche se sfuggì alle granate venne distrutta dalla guerra".

Precipitati all’improvviso nell’esperienza della guerra, alcuni giovani tedeschi ne scoprono tutto l’orrore. La guerra non è una questione di orgoglio e di eroismo. La guerra è un inferno senza ritorno: anche se da quel baratro si riuscirà a risalire verso la luce, la vita ne sarà comunque compromessa. Il protagonista del racconto, il soldato Paul Bäumer, di umile estrazione sociale e ragazzo dal cuore puro,   assurge “al ruolo di giudice simbolico di una situazione storica vissuta, senza possibilità di rivolta, dal popolo. I suoi compagni di guerra sono osservati in tutte le manifestazioni, debolezze, tentazioni e sussulti che il fronte impone anche agli uomini più corazzati
Paul morirà, proprio alla fine della guerra, in un giorno placido,  quel giorno era stato annotato:  "Niente di nuovo sul fronte occidentale". 




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